giovedì 18 febbraio 2016

IL MINISTRO MEDIOCRITA'

Il Ministro del Lavoro Poletti continua a bersagliare il mondo accademico e riesce a
inimicarsi anche i ricercatori universitari italiani. Infatti, alla legittima richiesta delll'ADI
(Associazione Dottorandi e dottori di ricerca Italiani) che chiedeva la possibilità di
estendere la DIS-COLL (ammortizzatore sociale per i precari) anche agli assegnisti di
ricerca, il Ministro del Lavoro ha risposto picche, sostenendo incredibilmente che “i
ricercatori non sono lavoratori”. Una dichiarazione che rende l'idea di quanto il Ministro in questione sia lontano dalla realtà sulla quale è chiamato a decidere: per chi non lo sapesse, anche a fronte degli indiscriminati tagli attuati su Università e ricerca, a molti assegnisti sono demandate, oltre alle legittime attività di ricerca, anche attività di insegnamento, tutoraggio e via discorrendo, pur non avendo alcun riconoscimento per il proprio ruolo di “architrave” informale, una sorta di “toppa umana”, per sopperire alle carenze ormai strutturali di personale e risorse dei nostri atenei. Il 48% del personale che si occupa di didattica e di ricerca nelle università è precario e si vede così negato anche il diritto ad ammortizzatori sociali. Ma i ricercatori non sono stati l'unico bersaglio.
Lo stesso Ministro a fine novembre 2015 aveva affermato con estrema superfiialità che: “laurearsi con 110 e lode a 28 anni non serve a un fico”, senza minimamente tenere in considerazione le diverse condizioni di partenza degli studenti, molti dei quali costretti anche a lavorare, spesso sottopagati o in nero, per potersi mantenere agli studi e pagare rette universitarie tra le più alte d’Europa a fronte di servizi qualitativamente scadenti.
A livello sostanziale infatti il diritto allo studio è scarsamente garantito in quanto in molti Atenei le di borse di studio e il numero di alloggi studenteschi disponibili non soddisfano la totalità delle richieste degli aventi diritto, pertanto vi sono studenti costretti ad enormi sacrifici, non solo economici, per poter proseguire il loro percorso formativo.
Un Ministro del Lavoro serio e competente dovrebbe interrogarsi sul perchè la realtà occupazionale italiana non riesce ad assorbire e valorizzare i neolaureati e impegnarsi a fondo nel cercare di ricomporre l'enorme frattura creatasi tra sistema accademico e mercato del lavoro e non  bacchettare gli studenti, già penalizzati da una situazione inqualificabile delle università pubbliche.
Un governo che voglia davvero investire sui giovani dovrebbe chiedersi come coniugare le competenze richieste oggi dal mercato del lavoro nei diversi settori produttivi con le esigenze formative degli studenti universitari.
Un Paese all'avanguardia, invece di tagliare i fondi, dovrebbe incentivare la cultura e il sapere, a maggior ragione in un periodo come quello che stiamo attraversando, per favorire attraverso la ricerca di eccellenze nei settori strategici l'uscita da una crisi economica e sociale che sembra interminabile.
Ma in Italia non accade nulla di tutto questo, si preferisce stigmatizzare gli studenti che provano con enormi difficoltà a costruirsi un futuro a partire da un brillante percorso accademico, invitandoli invece a “volre basso”, alla mediocrità.

Già... mediocrità, il termine che meglio connota le caratteristiche di questa classe dirigente.


Articolo estratto da La Scintilla di Febbraio. Per scaricare il giornale completo clicca qui.

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