martedì 5 gennaio 2016

Maduro-Giulio Cesare ed il tradimento del Venezuela

“Allora cadi, o Cesare”
Giulio Cesare, William Shakespeare, 1599
E allora Cesare cadde, pronunciando le sue ultime, fatali parole, tra pugnalate del suo prediletto Bruto, per cui tanto aveva fatto, e aprendo la strada al cruento scontro tra Ottaviano e Marcantonio.
Eh si, così vuole la storia. Ma Marcantonio non era Cesare, come Maduro non è Chavez.
Nelle elezioni del Dicembre 2015 il delfino di Hugo Chavez ha visto calare esponenzialmente i suoi consensi, ha visto pugnalare dai Venezuelani quanto di buono ha fatto il socialismo bolivarista per il loro paese.
La coalizione antichavista, Mesa de Unidad Democratica (MUD), si è accaparrata, grazie a elezioni democratiche, la supermaggioranza dei due terzi del Parlamento, ovvero 122 seggi contro i soli 55 seggi ottenuti dal Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV) capeggiato da Maduro.
Ingratitudine? Forse, o per lo meno in parte. Più probabilmente la causa della disfatta di Nicolas Maduro è stata la massiccia pressione mediatica tesa a destabilizzare l’esecutivo (processo di avvilimento del PSUV cominciato subito dopo la morte di Chavez, quando fu inscenato un tentativo di omicidio ai danni di Henrique Capriles, leader dell’opposizione antichavista) e a infangare la memoria di un uomo, di un rivoluzionario, di un Comandante.
Chavez, il nuovo Libertador, si era formato in un’America latina violentata dalle feroci dittature locali e depredata dall’imperialismo statunitense e aveva, in questo arduo contesto, trovato il coraggio e la determinazione di impugnare il bolivarismo e di fare del Venezuela un’oasi di democrazia e di socialismo che ruggiva davanti alle fauci del capitalismo di quegli anni.
Sempre colorito nei suoi dibattiti, seppe utilizzare un’egemonia più gramsciana che leninista, un’egemonia che si sviluppava non dal Partito alle masse, bensì dalla società civile verso il Partito, per arrivare a plasmare, in termini marxisti, una più genuina sovrastruttura. Fu così capace di mirare ai punti strategici della società civile e di applicare una rivoluzione interna delle istituzioni, logorandone gli aspetti e le posizioni filo-borghesi e filo-americane con il ferreo obiettivo della giustizia sociale.
Maduro sarà pure un pessimo imitatore di Chavez, ma intanto contrattacca promettendo una risposta “costituzionale, rivoluzionaria e soprattutto socialista” a questo pericoloso responso elettorale. E soprattutto ha promesso battaglia alla legge di amnistia, voluta fortemente dall’opposizione, che andrebbe a liberare una serie di “assassini del popolo”, così definiti dal leader chavista.
Tuttavia adesso l’erede di Chavez si trova a governare un parlamento ostile, che ha anche i numeri per convocare un referendum e deporlo dall’incarico di capo dell’esecutivo.
Non ci resta che piangere? No, non ci resta che sperare, perché  il chavismo è vivo, perché il chavismo non è relegato semplicemente a governare o meno un paese, il chavismo oggi è ideologia, è il benessere che ha portato alle fasce più deboli della società venezuelana, è un esempio di socialismo genuino e sano, che solo bene ha fatto al Venezuela.Cesare è caduto pugnalato da suo figlio, ora si spera che questa volta Marcantonio trovi la forza di rovesciare Ottaviano.

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